(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

sabato 24 aprile 2010

Cronache perugine (7)

Terzo giorno (secondo tempo)

Le previsioni meteo del sito di Repubblica si rivelano spesso molto attendibili. Perciò, quando viaggio le consulto sempre. Per oggi mi aspettavo la pioggia e il buon vecchio Giove pluvio non mi ha deluso. Per tutta la giornata. Sulle ceneri della Rocca Paolina, odiato simbolo dell'oppressione pontificia, i perugini hanno eretto l'attuale palazzo del governo. Sotto i suoi ampi portici si trova un ufficio che in questi giorni per me è stato oltremodo utile, considerata la momentanea (come spero fortemente che sia) inabilità dell'Aspirone. Sono qui infatti disponibili alcune postazioni internet, utilizzabili senza dover pagare alcunché. Nel pomeriggio, quindi, mi sono stampato i biglietti ferroviari per il rientro, che ormai non è più molto distante. Poi ancora una volta ho volto la marcia in direzione di Sant'Ercolano per arrivare al chiostro di San Domenico, dove su iniziativa del comando della Guardia di Finanza è in corso un'interessantissima mostra sulla falsificazione monetale. All'ingresso troneggia una macchina da stampa come quella utilizzata da Totò e Peppino ne La banda degli onesti. L'apparecchio è stato sequestrato nel corso di una recente operazione di contrasto che ha portato alla scoperta di una stamperia clandestina nei pressi di Pomezia. All'interno, un brigadiere in uniforme illustra con pacata competenza il contenuto delle vetrine espositive. Per me che ci lavoro (dalla parte dei buoni, of course) l'argomento è di fortissimo interesse. Chiedo se è permesso scattare qualche foto e credo di essermi ritrovato alla fine con una quarantina di scatti, almeno. Dallo scandalo della Banca Romana ai falsi delle AM LIRE portate dall'esercito USA nella fase terminale del secondo conflitto; da un vasto campionario di banconote di tutte le epoche (l'esemplare autentico affiancato all'omologo taroccato), agli skimmer che le bande di rumeni sanno ben impiegare per la clonazione di bancomat e carte di credito. Attraverso la breccia in una finta parete di polistirolo veniamo poi introdotti nell'antro del falsario. Latte di vernice di tutti i colori occorrenti stanno impilate sul pavimento. Macchinari per ognuna delle funzioni utili a completare il truffaldino manufatto sono dislocate nella sala. Un paio di quaderni con appunti dettagliati per realizzare le giuste sfumature delle tinte ("ricettari", li definisce il brigadiere). Lastre per la duplicazione off-set, marchingegni atti a imprimere sui bigliettoni numeri di serie credibili, pacchi di fogli con banconote fresche di stampa e pronti per la sezionatura. Sono esposte anche le riprese video, realizzate con microcamere nascoste dalla Gdf nel covo dei falsari, che mostrano i bricconi all'opera in tutte le fasi della loro criminale manifattura. Totale: 90 minuti di foto e spiegazioni. Dopo cena andrò finalmente in Sala dei notari per vedere il primo documentario CULT. Piove ancora. In attesa che ci facciano entrare trovo riparo sotto le logge del Duomo. Si parla del Darfur. Le immagini sono davvero forti. Per fortuna ho mangiato leggero. Abbiamo qui un governo arabo che combatte i suoi schiavi neri. Arabi anche loro. Sudanesi, pure. Però rimangono una razza inferiore. E vanno odiati. Massacrati. Arsi vivi. Stuprati. I loro villaggi dati alle fiamme, rasi al suolo. Migliaia di sfollati. Campi profughi. Migliaia di morti. Migliaia di feriti, mutilati, sfigurati. E le ferite dell'anima non sono meno devastanti, per i sopravvissuti. Da una parte il consesso delle nazioni che produce risoluzioni, appelli, inviti, pressioni, buffetti sulle guance. Dall'altra un capitano dei marines che scatta centinaia di foto e rimane sconvolto dalla brutalità della violenza e preda di frustrazione perché si sente impotente di fronte a un massacro continuo. Poi sceglie di raccontare quello che ha visto, mostrare le foto che ha scattato, informare, sensibilizzare, scuotere le coscienze.
Ma la questione rimane ancora irrisolta.




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