e le note vengono aggiornate di quando in quando)
martedì 3 maggio 2016
Il vigile urbano coi baffi a manubrio
Era una presenza bonaria e rassicurante, malgrado l'aspetto potesse incutere qualche timore a noi ragazzini. Con quei baffoni a manubrio percorreva in bicicletta le vie del paese e dispensava sorrisi. Non ne conoscevamo il nome. Per tutti era il Baffo. Durante le vacanze scolastiche assieme a un mio compagno di giochi e avventure, come me appassionato lettore di fumetti, ci eravamo organizzati per vendere alcuni degli albi delle nostre collezioni. Per alcuni anni, verso la metà di giugno, quando ormai le lezioni erano terminate, sistemavamo alcune cassette per la frutta capovolte lungo un tratto di marciapiedi della via Sclavons, all'incrocio con via Boccaccio, e per due settimane improvvisavamo la nostra piccola attività mercantile. Nel pomeriggio si cambiava lato della strada, per profittare dell'ombra degli alberi presto soppiantanti da cemento e asfalto. Il successo di vendite non mancava e il divertimento neppure. Nel corso del tempo eravamo riusciti a conquistare una clientela affezionata, alcuni dei nostri compagni di classe passavano a trovarci per fare salotto e leggere a sbafo, le mamme di rientro da Pordenone si preoccupavano che non facessimo malanni, e capitava che anche il Baffo si fermasse di tanto in tanto per salutarci, scambiare due parole e sfogliare velocemente qualche fumetto. Alcuni ragazzacci vennero un giorno a darci fastidio, buttando all'aria i nostri poveri banchetti. Lo raccontammo al nostro amico in divisa, che si fece serio aggrottando la fronte e ci rassicurò che ci avrebbe pensato lui. Come segno di riconoscenza alla sua visita successiva io e Giorgio decidemmo di regalargli un numero di Tex, sul quale avevo aggiunto una delle mie dediche capaci di conquistare la simpatia e scatenare i sentimenti. Il gesto fu molto apprezzato, il Baffo tornò a ringraziarci, dicendo che aveva voluto leggere quella dedica anche ai suoi figli. Parecchi anni più tardi, quando ormai la sua bicicletta era stata messa a riposo e la mia attività di compravendita contribuiva ormai soltanto a riempire ogni spazio libero di casa, le nostre strade si incrociarono ancora una volta. Nel 2010 per il Giorno della Memoria l'Associazione Nazionale degli Ex Deportati nei campi di concentramento nazisti produsse un video in cui sono raccolte le testimonianze di alcuni dei sopravvissuti pordenonesi. Quel documento mi rivelò finalmente il nome del Baffo. Ascoltai la grande semplicità con cui Lino raccontava le tragedie umane che aveva vissuto in tempo di guerra, giovane internato nel campo di Flossenburg. E ogni volta che rivedo quelle immagini e rivivo quei terribili episodi non riesco a trattenere l'emozione, assieme a lui. Da ragazzino, quando lo vedevo pedalare orgoglioso nella sua impeccabile divisa da vigile urbano, mai avrei potuto immaginare (e, soprattutto, comprendere) gli orrori vissuti da quello che per me era soltanto un gigante buono, che sapevo mi avrebbe difeso da ogni sopruso. Ancora una volta quest'esperienza mi ha dimostrato la complessità della vita: ciascuno di noi è frutto anche di una somma di circostanze e occasioni che spesso dipendono dal caso. Fortuna, sfortuna, fatalità. Nascere in un determinato momento storico e in un luogo piuttosto che un altro possono avere conseguenze che marcano il nostro percorso di vita. Se si vuole conoscere e comprendere, fermarsi all'apparenza non è un buon punto d'inizio.
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