
A dire il vero non so se in città ci sia una via dei Ciclamini. Luisito abitava in via dei Fràssini. Al numero 2. “Lùisi” era un amico d'infanzia e compagno di avventure. Andavo a casa sua praticamente tutti i pomeriggi. Si giocava coi soldatini Atlantic, quelli in scala HO, si percorrevano le vie del paese a raccogliere tappi a corona, che collezionavamo, e si battevano tutti i negozi del centro, a Pordenone, a caccia di adesivi. Una capatina negli studi di LT1 per farsi regalare i soliti poster (che, ormai, ne avevamo una dozzina a testa, ma fa niente) concludeva il nostro girovagare. Il maestro elementare ci chiamava “fratelli siamesi”, appunto perché stavamo sempre assieme. Quando Luisito mi fece leggere alcuni suoi versi, appena tornato a casa mi misi in testa che quantomeno dovevo eguagliarlo e mi imposi di scrivere le mie prime poesie. Sano spirito di competizione...
Arrivò il momento che, sottraendo l'occorrente dal laboratorio paterno, decisi di costruire un teatrino per le marionette, ma un teatrino vero, in cui ci potevano entrare due bambini a manovrare le marionette e fare lo spettacolo proprio come i grandi. Costruii una sorta di parallelepipedo con la fronte tamponata da tavole di legno, in cui rimaneva lo spazio per la scena, corredata da sipario, e ai rimanenti tre lati applicai una guaina impermeabilizzante plastificata che aveva un peso specifico sufficiente a sfiancare un camallo. Dipinsi la struttura di rosso vivo, feci confezionare da mia madre le tendine che dovevano fungere da sipario, ripartii equamente tra le rispettive genitrici il compito di creare le marionette e con Luisito cominciammo a buttar giù il primo copione. Poi si trattava di trovare un adeguato “palcoscenico” al nostro teatrino e allora corrompemmo il Padre Parroco e ottenemmo di collocarlo in oratorio, a Sclavons. Per il trasporto, ci si avvalse di un carretto che fortunatamente avevamo a casa. Pian pianino io e Luisito trasportammo il teatrino fino all'oratorio e poi su per le scale fino al primo piano, nel corridoio. Dopo qualche settimana che il teatrino giaceva solitario e desolato, il povero padre Antonino ci sollecitò a prendere una decisione: o si iniziavano gli spettacoli, oppure avrebbe rimosso l'ingombrante giocattolo, rendendolo di nuovo legna da ardere. Luisito proprio non ne voleva sapere di andarsi a riprendere il teatrino e rifare al contrario, in disordine e senza speranza, la strada che trionfalmente avevamo percorso poco tempo prima, carichi di entusiamo e fantasie. Ci eclissammo per un po'. Evitammo di frequentare l'oratorio, e lasciammo che il destino facesse il suo corso. Non ho mai più saputo che fine avesse fatto quel grazioso teatrino per le marionette dipinto di rosso.
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