e le note vengono aggiornate di quando in quando)
venerdì 26 dicembre 2014
Eurosì, Euronò... Euroboh!
Nel panorama internautico locale, da poco si è affacciato un gruppo di discussione che finalmente non è più tale soltanto di nome. Nel gruppo “Cordenons, politica e dintorni”, pare si riescano a intavolare discussioni, per quanto virtuali, che se pur a volte animate da toni urticanti, fan sempre bene. La tentazione di trasformare il gruppo in uno di quei pollai televisivi in cui vince chi urla di più è sempre forte, vista la pluriennale assuefazione procurata dal tubo catodico, unita a un progressivo indebolimento neuronale, ma per il momento il confronto dialettico pare resistere. Non prevalebunt! Stimolato dalle sollecitazioni, determinate ed argute, di un concittadino globe trotter, mi sono impegnato in un botta e risposta sull'euroscetticismo e, in particolare, da ultimo, sulle tesi di un economista à la page, Alberto Bagnai, che dal prestigioso ateneo pescarese che gli ha concesso la titolarità di una cattedra professorale, scrive ed esterna teorie macroeconomiche. Come promesso al concittadino globe trotter, non mancherò di approfondire il Bagnai-pensiero, leggendo i suoi libri. Nel frattempo, mi baso su quanto postato su FB e velocemente spigolato online, per confermare un'unica impressione, che ho tratto dalle affermazioni del Nostro. Come da lui orgogliosamente affermato, penso anch'io di poter dire che, per buona parte, si tratta di populismo. Poi approfondirò. Si ragionava, col concittadino globe trotter, se gli investimenti stranieri in Italia fossero sempre utili e quindi da favorire indiscriminatamente, o no. Così posta, a me pare una questione di lana caprina. Suggerisco all'amico Ezio, e a quanti altri vorranno, la lettura di un libriccino di storia economica locale contemporanea, che poterà via poco tempo, dato che è scritto in stile giornalistico e supera a malapena il centinaio di pagine: Sèlecochoc. Qui investimenti stranieri non ce ne sono stati. Ma magari era meglio se si vendeva ai cinesi. Per non parlare della vergognosa vicenda Alitalia, così sagacemente gestita dal Gran Cavaliere dell'Ordine della Bandana , Sire di Bunga Bunga e Gran Ciambellano della Barzelletta. Mi si può controbattere con Electrolux e Ideal Standard. Premesso che per come la vedo io in Italia il settore manifatturiero è ormai un cadavere che inizia a puzzare, e accanirsi con l'ago della flebo nell'avambraccio significa soltanto dilapidare pubblici quattrini, a fondo perduto; detto ciò, vediamo di argomentare. Gli investitori, siano essi domestici o internazionali, nella logica capitalista si aspettano un ritorno dal capitale impiegato, un guadagno. Se questo comincia a mancare, si punta su un altro cavallo. Funziona così, sia che ci si chiami Marchionne, o Tata. Se si vuole calmierare il rischio di delocalizzazione, tempo fa avevo letto sui giornali un'interessante proposta, che prevedeva di porre a carico dell'azienda pronta a levare le ancore verso lidi più appetibili pesanti oneri di bonifica dei siti industriali dismessi. Ma questa dev'essere una decisione politica. E da quel dì, più non se ne discusse. Fra le tante cause della perdurante crisi economica, la pochezza di una classe politica e imprenditoriale imbelle a mio giudizio è ai primi posti. Altro che articolo 18. Se i macroeconomisti volessero uscire dai loro studioli e immergersi ogni tanto anche nella vita reale, oltre a sostenibili teorie economiche, magari riuscirebbero anche a proporci valide soluzioni. Ma, ripeto, leggerò con avida attenzione le opere del professore tanto caro alla Lega, così da scandagliare a fondo. E chissà che non ne esca qualcosa di interessante. Dal punto di vista del debito pubblico, poi, temo che gli investimenti esteri siano ahimè indispensabili per le nostre disastrate finanze. Se non ricordo male, nel 2008 fu Deutsche Bank a disfarsi di qualche centinaio di milioni di titoli di Stato nostrani, contribuendo all'impennata dello spread e alla diffusione di un clima di sfiducia internazionale nei confronti del nostro Paese. Non a torto, direi. Relativamente alla questione dell'uscita dall'euro, cito un aneddoto curioso, quasi una bagatella. In questi giorni mi stavo informando per una vacanza invernale a Capo Verde e, leggiucchiando qua e là, ho scoperto che anche in quella repubblica si sta pensando di adottare l'euro come propria moneta, declinando le generose offerte di una ipotizzata moneta unica africana che le sono state avanzate. Facile, diranno i miei 25 lettori. Per un paese del terzo mondo, scegliere una valuta prestigiosa al posto di un salto nel buio. Ma anche i brasiliani sono molto bendisposti nei confronti di una moneta di riferimento che finalmente ha tolto al dollaro il monopolio sul mercato internazionale. La mia pluriennale esperienza nel settore finanziario, a contatto con le realtà imprenditoriali locali, mi favorisce nel riportare una selva di esempi a favore della moneta unica. Da quando si è adottato l'euro, i proventi di cambio delle banche sono drasticamente crollati. Tutte le aziende del settore del mobile, i cui mercati di sbocco stanno in Germania, Francia, Belgio, hanno beneficiato negli ultimi anni di sconti rilevanti, potendo evitare rischi di cambio (da cui spesso i sagaci imprenditori non si sanno coprire, o non vogliono farlo non ritenendolo utile), commissioni valutarie e spese per bonifici. Con l'adozione del Sistema Europeo dei Pagamenti (SEPA),i bonifici di importo fino a 50 mila euro sono parificati a un pagamento domestico. Per cui, tutti gli incassi vengono accreditati a queste nostre aziende senza alcun onere (a differenza di quanto i più anziani possono ricordare succedeva soltanto dieci anni fa). La creazione di un mercato unico europeo mi consente di ottenere volantini e materiale pubblicitario, affidandone la stampa a un'efficientissima azienda tedesca, rapida, accurata nella realizzazione e oltremodo conveniente rispetto a tutte le tipografie locali che ho contattato; mi permette di acquistare un composter ancora una volta da un supermercato germanico, riuscendo comunque a risparmiare rispetto al prezzo praticato dal rivenditore di prodotti agrari che sta a due passi da casa. Lo dica alle centinaia di connazionali che han trovato lavoro a Londra, il professor Bagnai, quanto è brutta l'Europa, che consente ai propri cittadini di trasferirsi ovunque, al suo interno, senza troppe formalità. Se poi vogliamo parlare di Fiscal compact e del raggio di curvatura dei cetrioli allora è un altro par di maniche. Li leggerò i libri di Bagnai, Ezio, promesso. Tempo fa la Lega si fece promotrice di un referendum abrogativo, con cui si voleva cancellare non ricordo più quale tassa (l'ICI, forse). Ecco, bisognerebbe spiegare a quei signori che nel nostro ordinamento i referendum in materia fiscale non sono ammessi. A nessuno piace pagare le tasse. Leggerò i libri del professor Bagnai. Anche se avere come sponsor così autorevoli movimenti politici, non mi pare un gran biglietto da visita.
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