Repetita iuvant. Le note che seguono furono pubblicate sul mio profilo Facebook il 6 giugno 2012. Erano le prime sedute della nuova legislatura, dopo le elezioni amministrative del 2011. Ricordo distintamente il fastidio e la noia di quegli interminabili e sterili battibecchi, che si sono fortunatamente rarefatti col passare del tempo. Che vi sia competizione fra le diverse forze politiche, ciascuna portatrice di una propria visione (tralascerei gli ideali, che mi paiono appartenere più a un'epoca ormai trascorsa), è comprensibile e anche stimolante, per certi versi: favorisce l'apprendimento dell'arte dialettica e contribuisce, almeno nelle intenzioni, a trovare soluzioni sempre migliori. Poi però, ad alcuni succede di perdere il contatto con la realtà, ci si sente protagonisti di una sorta di videogioco reso verosimile dagli effetti speciali della grafica digitale, un universo parallelo dove le leggi della logica e del buonsenso non hanno diritto di cittadinanza. E allora si prova a zittire un proprio competitore, rinfacciandogli i risibili risultati elettorali conseguiti dal proprio partito di riferimento (così l'avvocato Vampa, rivolto alla consigliera Laura Sartori, in una delle tante sedute consiliari). Come se il valore e l'apprezzabilità degli argomenti fosse proporzionale al consenso raccolto nelle piazze. E chi ha ottenuto pochi voti deve parlar di meno, perché meno vale. Era la tesi di un cavaliere dalla triste figura, che per fortuna ha poi smesso di calcare le scene.
Succede a Cordenons. La seduta del consiglio comunale di ieri sera aveva fra gli argomenti principali il bilancio consuntivo di un esercizio gestito in compartecipazione, dato che fino a metà dello scorso anno la città era governata dal centrosinistra. Ho potuto seguire soltanto la prima parte dei lavori, perché poi alla cantina di Rauscedo mi attendeva un concerto di tango argentino che almeno nelle premesse prometteva più intense emozioni. Le aspettative, ahimè, sono state deluse, salvo constatare con sorpresa che l’acustica della cantina è davvero eccezionale. Per quanto riguarda l’assise consiliare, il copione anche stavolta non è stato molto diverso dalle altre riunioni a cui ho partecipato: prevalgono su tutto fastidiose schermaglie, sterili battibecchi che si rinnovano a ogni appuntamento assembleare, coinvolgendo trasversalmente tutte le parti politiche. Inutili provocazioni, accuse reciproche seguite dalle repliche piccate dei diretti interessati, rivendicazioni di meriti e successi prontamente rintuzzate dall’antagonista di turno, il tutto fra gli sbadigli degli astanti. Se la scena avesse luogo nel cortile delle scuole medie durante la ricreazione, susciterebbe comprensione. Che le repliche si svolgano nell’aula consiliare, avendo per canovaccio ordini del giorno, interrogazioni e interpellanze, e per protagonisti degli amministratori pubblici, a lungo andare provoca sconforto. “Noi abbiamo fatto, voi invece…”, “Quando c’eravate voi avete fatto, noi invece…”. Grossomodo sono questi i ritornelli che risuonano nell’emiciclo cittadino a ogni occasione di confronto. Negli ultimi anni non si può certo dire che anche la politica “maggiore” abbia offerto spettacoli esemplari. Trarre esempio e ammaestramento dai numerosi pollai televisivi che hanno oppresso l’intelligenza dei pochi e continuano per certi versi a imperversare, non pare tuttavia un’opzione condivisibile. La forma, appunto. Anche lo stile oratorio è espressione palese del clima di conflitto permanente e contrapposizione che aleggia sull’aula, il sintomo di un malessere che pare affliggere la politica locale. Fra gli inconsistenti e occasionali panegirici del Primo Cittadino, i paternalistici rimbrotti del sornione direttore-lavori (pro tempore) e le gazzarre dei consiglieri, si può quasi affermare che la figura migliore la fanno le matricole, tacendo. Anni fa lessi i risultati di una ricerca, secondo la quale “sempre” e “mai” sono due avverbi pericolosi, da usare con cautela nelle discussioni proprio perché acuiscono i conflitti. Personalmente, favorirei il ricorso alla terza persona: “l’attuale maggioranza”, al posto di “voi”; “la precedente amministrazione”, al posto di “noi”; un più frequente impiego della forma impersonale (“si è deciso”, “si è realizzato”), anche in funzione humilitatis (come il plurale…). Tanto per smussare le asperità, anziché insistere nella contrapposizione. Non si tratta soltanto di una banale questione di forma, quanto piuttosto di un utile esercizio di stile per un uso più meditato del linguaggio. E riflettere un po’ di più su quel che si dice non ha mai fatto male a nessuno. In Comune ci sono già sufficienti maestri e non è mia intenzione usurpare titoli che non mi appartengono: non voglio quindi dare lezioni a nessuno. Se però si cominciasse a non raccogliere ogni provocazione e, allo stesso tempo, a non lanciarne di continuo, magari si riuscirebbe a portare la dialettica politica su binari più produttivi anche a Cordenons. Recuperando, forse, una maggiore partecipazione della gente comune, in cui la disaffezione, la delusione e il distacco rispetto alla politica sembrano attualmente avere la meglio.
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