e le note vengono aggiornate di quando in quando)
venerdì 16 novembre 2018
I noccioli sul retro
Ciascuno degli innumerevoli "oggetti" che affollano gli spazi di casa mia ha una propria storia. Ognuno di essi è carico di ricordi, sovente piacevoli, e riesce ad evocare emozioni, volti, luoghi e pensieri. Del tecchiaiolo ho già riferito altrove (Storie di anarchici, pirati e cavatori), ma c'è poi ad esempio quell'annunciazione del Beato Angelico che ho sistemato in camera da letto e che pare un affresco strappato proditoriamente dalla sua sede naturale. E invece altro non è che un poster da cinquemila lire acquistato durante la vacanza dell'estate 1996 al bookshop di Santa Maria della Scala, il vecchio ospedale di Siena che affaccia sulla sontuosa cattedrale e che in quegli anni stavano riconvertendo a museo. Allora si poteva visitare soltanto il piano terra, ma ce n'era d'avanzo, una volta entrati nella grande sala affrescata che fino a qualche tempo prima aveva accolto i letti di una corsia ospedaliera. Quel quadro mi riporta la memoria allo splendido cielo toscano e ai bei giorni trascorsi a viaggiare, ma anche allo sciagurato rientro in ufficio e a quel che ne seguì. Vi sono poi dei testimoni “insospettabili”. Come le pietre a cui oggi ho assegnato una mera funzione ornamentale nell'Aiuola delle aromatiche, ma che in origine servirono per delimitarne la prima incerta versione. Sassi che provengono da quel che resta della recinzione perimetrale della Braida, dove andavo giovanetto ad assistere allo sfalcio dell'erba, portatori di memorie d'infanzia e di storie ancor più datate. Oppure come i cinque noccioli che stanno sul retro. Li piantò mio padre ancora prima che io mi trasferissi nella mia nuova prima casa, 25 anni fa. Provengono dalla dimora avita, da quel campo che a lungo fu vigneto e dal quale ogni anno si ottenevano una decina di ettolitri di buon merlot. La cura delle piante richiedeva una fatica lunga un anno e dedizione ristretta ai fine settimana, ma culminava con la grande festa della vendemmia, che riuniva per un giorno la schiera di amici e parenti venuti a dare una mano e ripagava con grande soddisfazione di tutti l'impegno profuso. Col passare degli anni le viti cedettero un po' di terreno (e di fatica) alle piante da frutto, tra cui alcuni noccioli, che avevamo scoperto di poter moltiplicare con grande facilità. Cinque di questi finirono sul retro di casa mia e ancora sopravvivono, con il loro contorno di foglie da raccogliere e potature. I rami tagliati, una volta ben secchi, sono l'ideale innesco per il fuoco che arde nella stufa monumentale del soggiorno. C'è stato un momento in cui, pressato da ben più misere preoccupazioni, ho pensato di eliminarli tutti e cinque, lasciando spazio al prato. Per fortuna l'insano progetto non è mai stato realizzato e i noccioli sono ancora lì, a mitigare con la loro chioma il caldo estivo ombreggiando la veranda. Sembrano soltanto alberi. Per me rappresentano invece un legame con luoghi ed affetti passati che si rinnova ad ogni potatura. Alcuni rami portanti per la prima volta si sono seccati e ho dovuto tagliarli, compromettendo la simmetria faticosamente ottenuta negli anni. Mi è parso di dover rinunciare a pezzi di memoria. Ho creduto di poter perdere le mie radici.
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