La Sala cannoniera ospita convegni, spettacoli, presentazioni di libri. Si trova nelle viscere di quella che fu la Rocca Paolina, odiato simbolo dell'oppressione pontificia, che aveva i suoi cannoni puntati su corso Vannucci, per difendersi dai perugini, e che gli insorti demolirono a picconate, pietra su pietra, come fu per la Bastiglia. In quella sala una decina di anni fa ascoltai una selezione di canti popolari presentata dal gruppo “I giorni cantati di Calvatone e Piàdena”. Canti del lavoro, della festa, della lotta. Al posto dell'usuale programma della serata, sulle seggiole riservate al pubblico erano state distribuite alcune fotocopie tenute assieme da un punto metallico. In una prima, mezza paginetta, si presentava il gruppo come prodotto autonomo della Lega di Cultura di Piàdena, mentre le pagine successive erano state riprodotte da una rivista che trovai fortunosamente qualche anno più tardi su una bancarella di libri usati al festival di storia di Gorizia. Il testo di quelle pagine l'ho trascritto a suo tempo qui (Prima, Seconda e Terza parte). Il Nuovo Canzoniere Italiano è un gruppo di ispirazione politica e ideale socialista che si forma nel 1962 per lavorare nel campo della ricerca e studio del canto popolare, i cui risultati trovarono spazio nell'omonima rivista e si tradussero in una copiosaa produzione discografica e teatrale. Nel corso degli anni collaborarono al progetto volti e voci dello spettacolo capaci di guadagnarsi una solida notorietà (Dario Fo, Giovanna Marini, Gualtiero Bertelli, Ivan della Mea, per citare i più conosciuti). Nel 1964 il NCI partecipò al Festival dei due mondi con Bella Ciao. Un programma di canzoni popolari italiane, che procurò ai protagonisti una denuncia per vilipendio delle forze armate. La pietra dello scandalo furono alcuni versi della canzone O Gorizia, tu sei maledetta (un brano che appartiene alla tradizione anarchica e antimilitarista): Traditori signori ufficiali / che la guerra l'avete voluta/ scannatori di carne venduta / e rovina della gioventù. Tanto bastò per far salire sul palco la polizia e dare inizio a un interrogatorio mirato a identificare i responsabili del misfatto. Che poi, appunto, furono denunciati. Sfogliando quella vecchia rivista con le pagine dai bordi arrugginiti si scopre che episodi simili hanno accompagnato nel tempo l'attività del NCI senza distinzione di latitudine (nei prossimi giorni proverò a riportarne alcuni, che per certi versi rivelano anche aspetti divertenti).
Quest'anno, in occasione della Giornata della memoria, in un circolo privato si sono esibiti dei gruppi nazi-rock nel cui repertorio compaiono brani di chiara e violenta ispirazione antisemita. Qui di seguito la traduzione dall'inglese di alcuni versi, tratti dal brano intitolato Way of the Holocaust winds: "i subumani cercano di governare il mondo, ma con onore noi combattiamo contro tutti loro", "sulle ali di un'aquila d'acciaio il nuovo trionfante impero ariano nasce dalle ceneri di questo mondo decadente", "e con i venti ardenti dell'Olocausto questo mondo dev'essere purificato". Nell'animato dibattito che si è subito scatenato, dilagando nell'intera Penisola, fra chi reclamava l'annullamento del concerto e chi opponeva l'impotenza delle istituzioni a interferire in una festa privata, c'è stato anche chi eccepiva a favore degli artisti convenuti la libertà d'espressione, costituzionalmente garantita (articolo 21: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.). Tralasciando volutamente ogni considerazione relativa all'opportunità, ai fini della gestione dell'ordine pubblico, che una simile manifestazione, pur non aperta al pubblico ma comunque adeguatamente pubblicizzata, si svolgesse proprio nella ricorrenza che ogni anno si celebra il 27 di gennaio, e lasciando da parte ogni giudizio sulla liceità di espressioni come quelle virgolettate che abbiamo letto più sopra (il riferimento è alla cosiddetta legge Mancino, che sanziona chi “incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”), ci si potrebbe concentrare allora sul tema della libertà di espressione. E considerare come questa venga a volte declinata in maniera diversa, a seconda dei soggetti coinvolti. Perché è vero che dagli anni 60 ormai è passato più di mezzo secolo, ma l'attualità ci dimostra che certe idee ci mettono molto di più a sradicarsi. E all'osservatore malizioso non può sfuggire che la solerzia di alcuni tutori dell'ordine costituito pare da sempre rivolgersi più facilmente da un lato piuttosto che dall'altro, e che i loro timori paiono risvegliarsi a intermittenza.
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