(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

venerdì 8 gennaio 2016

Il nonno Bepi

”Il Sorvegliante deve intraprendere il proprio servizio in completo ordine per quanto riguarda la persona e l'uniforme, e dopo aver provveduto a mettersi in condizioni da non essere costretto ad allontanarsi dal posto di servizio per esigenze fisiche”.

Così si legge in un opuscolo di circa sessanta pagine, con la copertina color carta da zucchero che reca il titolo “Consigli e norme di servizio pei Sorveglianti Urbani” - Milano, Stabilimento Tipo Litografico G. Civelli – 1910. Pudico e formale nel fraseggio, ma non per questo meno efficace nella comunicazione. Il nonno Bepi morì nel 1977, un anno tristemente gravido di lutti nella nostra famiglia, dato che nel giro di pochi mesi oltre al nonno ci lasciarono anche due dei suoi figli. Lo ricordo come un signore austero dalla dignità solida e dall'aristocratica eleganza nei gesti e nel comportamento. Alla sua morte, mio padre recuperò da casa alcuni libri che conservo come reliquie, per il loro valore di documentazione storica e per l'affetto familiare di cui sono intrisi. Fra questi c'erano i suoi libri di testo delle elementari, in epoca fascista, e dei volumi di argomento giuridico, appartenenti al nonno. Così sono venuto in possesso di un codice penale "Zanardelli" (1865; la pubblicazione è senz'altro successiva di qualche decennio, anche se il testo non riporta l'anno di edizione) e di un Codice di Commercio del Regno d'Italia, prezzo Lire 6,50, G. Barbera Editore – Firenze, 1920, dalla copertina telata rossa. Vi è poi un libriccino tascabile dalla copertina rigida marrone, "Manuale di polizia giudiziaria", sul quale ho rintracciato un'interessante annotazione autografa dell'avo paterno. Tutte le pubblicazioni recano almeno la sua firma, anche riportata più volte, immagino allo scopo di renderne palese l'appartenenza; qualcuna riporta anche un timbrino a mo' di ex-libris: "Barzan Giuseppe di Napoleone - Claut". Sul manualetto dalla copertina marrone, invece, è trascritta anche una data: 1918. E poi c'è quell'opuscolo color carta di zucchero, leggendo il quale si apprende che all'inizio del secolo scorso anche nel centro di Milano i veicoli circolavano tenendo la sinistra (cfr. l'interessante pagina di Wikipedia sulla “Mano da tenere”). Mettendo assieme questi indizi con i ricordi delle chiacchiere familiari ascoltate nell'infanzia, sono arrivato alla conclusione che il nonno Bepi, probabilmente alla fine della Prima Guerra, fece per un periodo il vigile urbano a Milano. Soltanto ora capisco finalmente il senso di quei riferimenti alla bagulina, con cui, stando ai commenti più maliziosi, il nonno si sarebbe pavoneggiato per le vie della città: l'uniforme storica dei Ghisa, rivisitata di recente, comprende, per l'appunto, un bastone dal pomo d'argento, in uso sin dalla fine dell'Ottocento (cfr. il Corriere della Sera). Ho sfogliato di recente un bel libro fotografico sulla vecchia strada della Valcellina, quell'ardita carrozzabile a strapiombo sul torrente che percorrevamo ogni fine settimana, con mio padre e la sua Cinquecento. L'auto di famiglia era più vecchia di me. Fu acquistata di sei mesi da un collaudatore del Lingotto e ci ha accompagnato per migliaia di chilometri nei nostri pur non frequenti viaggi.
Tra il 1912 e 1913, a nord si apre una strada militare che collega Erto a Longarone, nella Valle del Piave, attraverso l'ardito ponte del Colomber, costruito a 138 metri d'altezza nella Gola del Vajont (…) Nel 1906, intanto, era già stato completato a sud il primo tracciato della “vecchia strada della Valcellina” (…) Prima di allora, però, come si arrivava in Valcellina? (…) Oggi pochi conoscono quel percorso, di cui si erano quasi perse le tracce, fino a un recente e parziale ripristino che l'ha riattato a uso escursionistico. E' il cosiddetto “sentiero di Sant'Antonio”, che ha inizio dalla località di Maniagolibero, presso il ponte di Ravedis, sulla sponda sinistra del Cellina, inerpicandosi fino ai 756 metri di Forcella Crous (…) Un lungo arco da percorrere a piedi, con poco meno di cinquecento metri di dislivello, che evitava la repulsiva Forra del Cellina. Per più di un millennio questo è stato il filo più breve che legava Barcis alle opportunità della pianura!

(Valcellina La strada della luce – R. Lorenzi R Pignat – 2015)
Per un migliaio di anni, prima che grazie al genio di Aristide Zenari fosse inaugurata quella carrozzabile, i valligiani hanno vissuto in una condizione di penoso isolamento. E così i miei antenati. E' facile immaginare con quale trepidazione e spirito di avventura il nonno possa aver affrontato il viaggio da Claut alla metropoli meneghina, che già all'inizio del secolo scorso rappresentava comunque un universo distante anni luce dal piccolo villaggio di montagna adagiato fra i boschi che lo aveva visto nascere e che oggi ne custodisce il ricordo. Le Autolinee Giordani iniziarono a far transitare le loro corriere sulla nuova strada dopo il 1918. E forse fu proprio a bordo di uno di quegli storici veicoli che il giovane montanaro ambizioso lasciò la Valle alla ricerca di fortuna, arrivando in un mondo sconosciuto e alieno. Migrante a suo modo, pure lui.

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