(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

sabato 9 gennaio 2016

Della strumentalità del "gender"

La signora Carla era una vecchina dallo sguardo penetrante. Solcava il traffico urbano della Pordenone degli anni '80 pedalando con l'energia di un bersagliere e, malgrado la sua chioma immacolata rivelasse un'età più che matura, la grinta non le mancava. Era stata una staffetta partigiana, durante l'ultima guerra. Sulla soglia degli 80, conservava quello stesso spirito combattivo che l'aveva sempre resa protagonista della propria vita. Non so per quale fortuita combinazione mia madre la conobbe e ne divenne amica, ammiratrice e occasionale aiutante nelle faccende domestiche che l'età rendeva per lei troppo gravose. Delle loro stimolanti conversazioni mia madre mi dava conto all'ora di pranzo, quando ancora le famiglie riunite a tavola usavano parlare, anziché compulsare ciascuno il proprio smartphone. E così, incuriosito dal ritratto affascinante che affiorava da questi racconti, volli conoscerla. Ricordava, nell'aspetto e nell'acuta intelligenza, Rita Levi Montalcini. Fu da lei che sentii parlare per la prima volta di antroposofia. Ero troppo piccolo, allora, per comprendere i principi di questa "scienza dello spirito" e considerai l'interesse della signora Carla per Rudolf Steiner una stravagante bizzarria senile, convinto che si trattasse solamente dell'ennesima setta pseudo-religiosa. Col passare del tempo, ho scoperto che esiste una rete di scuole steineriane, dall'asilo al liceo, sempre più diffuse, malgrado i costi di questa istruzione alternativa gravino interamente sulle famiglie. La pedagogia Waldorf (cfr. Wikipedia)  è un approccio educativo sviluppato a partire dal 1919 e nel corso dei decenni si è andata definendo una didattica diffusamente apprezzata, anche alla luce dei risultati conseguiti. Sono sempre più numerosi i genitori sensibili al valore dell'educazione (nella misura in cui abbiano, va detto, le disponibilità economiche necessarie a potersi permettere di indirizzare i propri figli verso questo genere di scuole, private e assai poco sovvenzionate dai bilanci pubblici), che si affidano alle scuole steineriane. Chiacchierando in questi giorni con un amico che ha approfondito molto meglio di me la conoscenza di questo interessante metodo pedagogico, ho saputo che negli asili steineriani i giochi per i bimbi sono indifferenziati. Non esistono giochi per bambini maschi, diversi dai giocattoli per le bambine femmine. Ossia, siccome i piccoli vengono lasciati liberi di esprimere liberamente la propria fantasia alla ricerca di una individualità tutta in divenire, può accadere normalmente, immagino io, di vedere maschietti che giocano con le bambole, impegnati in una immaginaria cucina a preparar pietanze oppure a giocare con gomitoli di lana a far la maglia. Senza che la cosa, lungi dal procurare scandalo, intimorisca minimamente tanto gli educatori che i genitori delle creature loro affidate. Nessun anatema è mai stato scagliato dai pulpiti o dalle sagrestie nei confronti di questi pedagoghi. Soltanto Reinhard Heydrich, all'epoca a capo dell’Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich, proibì con proprio decreto nel 1934 la formazione di nuove classi, sostenendo che:
“I metodi didattici basati sulla pedagogia del fondatore Steiner ed applicati nelle scuole antroposofiche ancor oggi esistenti, perseguono un’educazione soggettivista, orientata al singolo individuo che nulla ha in comune con i principi educativi promulgati dal Nazionalsocialismo.”
Pare quanto meno curioso che gli attivisti anti-gender così solleciti a censurare fiabe e libri di racconti, i politici che tuonano contro il sovvertimento dell'ordine naturale e la destrutturazione del concetto di famiglia, i manifestanti inebriati dall'isteria mediatica, abbiano sonnecchiato per tutto un secolo e si siano improvvisamente rianimati soltanto da qualche mese, ispirati dal libretto rosso di Mario Adinolfi e dalla crociata dell'avvocato Amato e dei giuristi per la vita. I bimbi cresciuti nelle scuole steineriane, da circa un secolo a questa parte, almeno all'apparenza non sembrano essere stati rovinati da un approccio pedagogico, che, per certi versi, mi pare si voglia ora provare a estendere anche alla scuola pubblica (e lo dico soltanto come proposta di discussione, con tutta la timidezza che mi deriva dal non avere adeguatamente approfondito l'argomento). E anche queste considerazioni mi paiono utili a sostenere la tesi che il "gender", così come viene cavalcato negli ultimi mesi e ancora in questi giorni, altro non sia che un'astuta mossa propagandistica e strumentale, finalizzata all'affermazione di un'autorità morale che vuole semplicemente continuare a esercitare la propria influenza nelle decisioni di uno Stato che si proclama laico e democratico e che, pertanto, non dovrebbe accogliere condizionamenti dottrinali. Da qualunque direzione essi provengano. 

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