e le note vengono aggiornate di quando in quando)
giovedì 25 luglio 2013
Canavese reloaded - Uno
Devo dire che ci tenevo. Ancora prima di partire per la traversata che mi avrebbe portato a percorrere l'intera pianura Padana fino a Ivrea per la seconda volta, speravo davvero che Antonella mi avrebbe alloggiato nella vecchia cappella della cascina. Suo marito, Massimo, me l'aveva fatta vedere lo scorso anno, narrandomi la fatica della ristrutturazione, che aveva curato da sé con l'aiuto di qualche amico. La difficoltà nello scalfire quei muri solidi in cui andavano infilati i cavi elettrici, il sudore necessario per ripulire lo splendido pavimento originale in cotto, tutto sotto l'occhio vigile della Sovrintendenza. E ora eccomi qui, coccolato dal calore del legno e dal frinire delle cicale. Nella stanza non manca, anche questa volta, una ricca dotazione di materiale turistico, assai utile per il mio soggiorno, grandi libri fotografici e una piccola biblioteca ad uso degli ospiti. Anch'io comunque non sono sguarnito, tanto di informazioni che di letture. Ho passato la giornata viaggiando senza fretta, in una calura soffocante e assediato da un traffico a prova di crisi economica. 533 chilometri percorsi in sette ore, con due soste di mezz'ora ciascuna.
Nella cascina di Massimo e Antonella vivono tre famiglie, e al mattino si viene cullati dal canto dei passeri. Per la colazione c'è la cucina-laboratorio dove Antonella fa il pane. In un angolo della stanza riposa un monumentale forno a legna da cui, quando le temperature sono più clementi, escono anche biscotti e crostate. Fissate a una bacheca appesa al muro, alcune foto documentano i lavori di ristrutturazione degli ambienti riservati agli ospiti del B&B. Da una piccola teiera in ghisa sgorga del tè dai mille aromi. Lo bevo senza aggiungere zucchero (chissà che i miei trigliceridi apprezzino). Sulle fette di pane hand-made stendo un velo di burro sul quale va ad aggiungersi la confettura di albicocche (poi proverò anche quella di fragole).
Nell'autunno del 1986 affrontavo la stessa traversata in notturna, accompagnato da mio padre e con tutt'altro animo. Arrivati a Chivasso di prima mattina, ci salutammo, e io salii sul trenino che mi avrebbe portato ad Aosta. Una volta sul posto avrei trovato ad attendermi gli ACL che offrivano un comodo servizio navetta con destinazione la Scuola Militare Alpina (ACL=AutoCarro Leggero, ossia camion militari adibiti al trasporto truppa). All'epoca la linea Chivasso-Aosta era affidata al genio ferrovieri, ma dal 2001 è subentrata Trenitalia, con lo squallore che si riserva alle linee locali, inadatte allo scoccar di frecce rosse. La stazione di Ivrea è abbandonata a un degrado progressivo. La biglietteria non esiste. Bisogna scalare un ciclopico sovrappasso, oltrepassare i binari e ridiscendere alla vicina stazione delle corriere. Ma di tutto questo non c'è alcuna indicazione: l'utente fortunato trova qualcuno a cui chiedere, gli altri si arrangino. Un biglietto per Aosta, però si può acquistare anche in tabaccheria, assieme al giornale. E' il prezzo di una privatizzazione miope e ottusa, di una politica imbelle, di una cittadinanza distratta.
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