e le note vengono aggiornate di quando in quando)
giovedì 6 aprile 2017
IJF2017 - Uno
”E veniamo a ricordare la farmacia olocausta che nella sanguinosa giornata del XX giugno 1859 fu fatta oggetto delle cannonate dei mercenarii pontifici”. Presso la chiesa di San Domenico, nei locali di un'antica farmacia oggi si trova una raffinata enoteca. Esposto in una delle sue vetrine, su un leggio, sta un vecchio volume, forse una storia di Perugia, aperto sulle pagine che narrano le vicende di quel giorno infausto. Dal belvedere che sta di fianco ai giardini Carducci San Domenico si vede in primo piano, mentre sullo sfondo torreggia il campanile di San Pietro. Entrambi gli edifici sacri sono legati dai fatti del XX giugno, che ancor oggi nutre l'anticlericalismo dei perugini. Volendo viaggiar leggero, ti porti appresso soltanto il paio di scarpe che indossi, salvo poi scoprire che uno dei lacci sta per cedere. I supermercati del centro storico sono dei mini bazar dove più che altro si vendono generi alimentari e bevande. Calzolai pare che sull'acropoli non ce ne siano. “Provi alla ferramenta di borgo XX giugno”, mi suggerisce l'albergatore. Il museo di Palazzo della Penna, dove sta per chiudere la mostra su Carosello, è lì vicino, così prendo due piccioni con una fava e mi procuro le stringhe di riserva. La celebre trasmissione televisiva iniziò a diffondere i propri jingle nel 1957 e proseguì per i successivi 20 anni. La televisione aveva ufficialmente iniziato a irradiare il proprio segnale sull'intera Penisola tre anni prima. Visitando la mostra, però, si apprende che già nel 1939 l'EIAR aveva tenuto a battesimo la prima trasmissione televisiva regolare. Certo, la portata del segnale è ancora molto ridotta e gli apparecchi abilitati alla ricezione sono pochini (appena 3, secondo la guida della mostra, di cui uno è appannaggio del Duce). Poi arriva la guerra e le energie vengono concentrate sullo sforzo bellico. La TV deve attendere. La mostra non dimentica le realtà locali e segnala un'azienda di Todi, specializzata in macchine agricole, che negli anni cinquanta e sessanta si converte alla produzione di televisori. Essendo già introdotta nell'ambiente, per la distribuzione degli elettrodomestici si affida alla rete dei Consorzi Agrari provinciali. Questa sì che è inventiva! L'impegno festivaliero si concentra su una serie di talk rubricati “Law & order” che iniziano occupandosi di bullismo tecnologico adolescenziale. Pare che lo smartphone connesso alla rete oramai non sia più il regalo per la cresima, ma che sia slittato alla prima comunione. La potenza della tecnologia miete le proprie vittime fra le piccole canaglie, che a seguito di una “percezione alterata dell'ambiente” si trasformano in carnefici e passano incoscientemente dallo stalking all'estorsione per fini sessuali (ragazzate, secondo insegnanti e genitori, veri e propri crimini dall'impatto devastante sulle vittime, considerata l'amplificazione e la persistenza del danno). Dalle interviste realizzate dal relatore emerge l'effetto disinibitorio del mezzo tecnologico: mancando la presenza fisica del proprio interlocutore si scatenano gli istinti e non si avverte la gravità dei propri comportamenti, tendendo a sottovalutarne la portata. Queste considerazioni, a ben vedere, non valgono soltanto per i giovani internauti, ma si applicano anche al mondo degli adulti. Le motivazioni addotte dai ragazzini non sono da sottovalutare: hanno capito che l'odio genera visibilità e consenso osservando il comportamento di media e politici. Se nei talk show si invita soltanto chi urla perché così sale lo share, se i politici che fanno leva sul terrore ottengono immediato riscontro elettorale, il loro video scabroso girato col telefonino potrà facilmente guadagnarsi un gran numero di like. E a me torna in mente il regolamento di disciplina militare, edizione 1986, dove si ricordava che “l'esempio suscita spirito di emulazione”.
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