Ad Artegna il 13 maggio, esattamente 8 giorni dopo il terremoto, giunse un reparto della brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli, con il generale Sandro Azais e il colonnello De Bartolomeis e 150 militari. Era un giovedì d'inferno, piovoso come non mai. Ci fu un primo incontro tra il generale e i capitendopoli: primo scontro. Il generale aveva confuso il dopo-terremoto con un'operazione militare. Aveva la pretesa che tutta la gente, distribuita in sei tendopoli e ormai organizzata da sola, si mettesse a disposizione dell'esercito e si riunisse in un'unica grande tendopoli tipo campo militare romano. Intanto i responsabili del Campo Base – una specie di centro operativo civile – distribuivano ai militari, che ne erano privi, 30 tende offerte alla popolazione dalla Turchia, contrassegnate dalla mezzaluna, e mettevano a disposizione dei soldati le razioni “K”, riserva alimentare per la popolazione. Dunque, tutti a servizio del generale. Il quale colse l'occasione del nubifragio notturno per obbligare i componenti il campo 4 (tendopoli civile posta sulla via Villa) a salire sui camion militari con tutte le loro cose, poche ormai, e portarsi al Campo Base, finora organizzato e diretto da civili. Lo fece allo scopo di smantellare il Campo 4 e dare inizio alla militarizzazione di Artegna. Le famiglie a una a una se ne torneranno alla tendopoli durante le prime luci dell'alba, a cominciare da Maria e Agostino Adotti. Al mattino, i camion militari, ben allineati la sera precedente in posizione non strategica, rimanevano invischiati nel fango e dovevano essere soccorsi dai bulldozer civili. Ebbe ancora la pretesa, il generale Azais, di militarizzare il Comune e tutto il resto. Intendeva dare ordini al Sindaco di Artegna, che lo pregò di uscire dalla sua roulotte, ordinò ai radioamatori, che unici finora avevano assicurato il collegamento con la prefettura di Udine e con il Centro operativo di Gemona, di mettersi agli ordini del colonnello De Bartolomeis – il reparto non era dotato di collegamento radio sufficiente -. Affiancò a ogni capo-tendopoli un ufficiale. Ebbe altri scontri con la popolazione, che non sopportava di vedere, a pochi giorni dal terremoto, i soldati umiliati a raccogliere le cartacce al Campo Base, con un pezzo di legno e il chiodo in fondo, soltanto perché il giorno dopo dovevano giungere in rapidissima visita i generali Rambaldi e Mario Rossi, quest'ultimo sub-commissario per parte militare. Infine, al di là dei singoli episodi, si vide chiaro in Friuli, oltre che l'impreparazione dell'esercito, anche il tentativo di militarizzare la zona, di costringerla entro un cordone “sanitario informativo”, per cui all'esterno, avvicinandosi le elezioni politiche, tutto apparisse “sotto controllo” e ritornato alla “normalità”.
e le note vengono aggiornate di quando in quando)
martedì 2 febbraio 2016
Pre Duilio
Fin dalle prime battute del suo intervento avevo capito che pre Duilio Corgnali meritava qualche approfondimento. La veemenza appassionata con cui rievocava le proprie esperienze di giovane pastore di anime devastate dal terremoto la diceva lunga sulla sua determinazione. In realtà, Federico Rossi, dei Colonos, lo aveva presentato come bonsignôr (=monsignore), ma pre Duilio è uomo concreto che bada al sodo e di sicuro non si lascia tentare dalle lusinghe degli appellativi. Teneva davanti a sé come promemoria un libretto che di tanto in tanto agitava di fronte al pubblico per sottolineare ancora di più l'indignazione per quel che era accaduto. E quello che raccontava, nel quarantennale del sisma, si prefigurava in maniera inequivocabile come una controstoria degli avvenimenti dell'epoca. In occasione dell'anniversario rotondo l'agiografia melliflua di certa stampa e di certa politica non mancherà di offrire alla curiosità delle masse un racconto edulcorato e celebrativo di quei giorni troppo lontani per chi non li ha vissuti. Ma pre Duilio c'era. E molte pagine di quel libretto le scrisse proprio lui. Friuli, un popolo fra le macerie. Pubblicato nel giugno del 1977, quindi a ridosso dell'annus horribilis per le genti friulane. Appena terminato l'incontro nella stalla dei Colonos ho cercato online e ne ho trovata una copia, che ho acquistato. Riporto soltanto un breve estratto delle impietose cronache vergate da questo sacerdote pasionario, giusto per dare un'idea del suo piglio “interventista”, che, inutile dirlo, riconosco molto affine al mio modo di agire.
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