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e le note vengono aggiornate di quando in quando)

sabato 31 ottobre 2015

Guelfi e Cittadini al tempo del “gender”

Non c'è che dire, il Comitato Pordenonese “Vogliamo educare i nostri figli” ha affinato le proprie tecniche di comunicazione. Nelle slide commentate dalla prima relatrice durante l'incontro svoltosi all'oratorio di S. Pietro, a Cordenons, il 28 di ottobre, non c'era più traccia delle “Tappe di riconoscimento dell'ideologia del gender”. Eppure, soltanto lo scorso 16 giugno, quando lo stesso comitato si presentò nella sala Degan della biblioteca civica di Pordenone, fra le “tappe” proposte all'attenzione del folto uditorio spiccavano due date significative (anche per il resto del mondo). Il 1973, anno in cui L'American Psychiatric Association ha rimosso l'omosessualità dalla lista delle patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali, e il 1993, quando L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha accettato e condiviso la definizione non patologica dell'omosessualità. Includendo questi due momenti che altri considerano di progresso civile nell'elenco delle tappe che avrebbero portato al generale riconoscimento e all'accettazione sociale di questa fantomatica ideologia, il Comitato evidentemente negava sic et simpliciter la fondatezza delle decisioni assunte prima dall'A.P.A. e poi dall'O.M.S. A rigor di logica, quindi, secondo il Comitato l'omosessualità sarebbe una malattia mentale. Questo almeno è quanto risultava la scorsa estate. Col principiar dell'autunno, poi, cadono le foglie e con esse anche i più bizzarri convincimenti. La serata ottobrina ha per titolo “Educazione – Famiglia – Genere”. La prima slide che accoglie i presenti non si presta tuttavia ad equivoci: “La questione Gender. Incontro con i genitori”. Subito dopo aver definito il movimento aconfessionale e apolitico, il portavoce del Comitato sottolinea che se ci troviamo qui stasera è perché riconosciamo che la Chiesa deve avere voce in capitolo nell'educazione sessuale dei nostri figli. Si passa poi ad illustrare gli asseriti “aspetti storico filosofici della teoria del gender”, che verrebbe diffusa secondo una strategia ben orchestrata, sulla base di una sorta di Manifesto gay degli anni 90 (Marshall Kirk, Hunter Madsen, “After the ball, How America will conquear its fear & hatred of Gays in the 90’s”, Plume, New York 1989) e finanziata da un elenco interminabile di corporation in coda al quale pare significativo segnalare la presenza della Fondazione Playboy. Le tentacolari lobby gay sono state sostituite nel giro di tre mesi da bibite gassate, hamburger e patatine fritte, che diffonderebbero nella società messaggi subliminali anche attraverso la manipolazione del linguaggio e l'introduzione di una “neolingua”. Nemmeno il Campari si salva. Fra citazioni di encicliche, con relativo omaggio ai loro estensori vicini e lontani, non manca il richiamo agli “Standard per l'educazione sessuale in Europa”, illustrati da un relatore che il programma della serata definisce psicologo. Il suo profilo Linkedin lo dà attualmente impiegato presso una società di “consulenza alle Aziende nell'ambito del pagamento Tassa Rifiuti per evidenziare eventuali agevolazioni tariffarie non godute o anomalie nella fatturazione”, con la funzione di consulente tecnico aziendale. Nel corso del proprio intervento si premura, l'oratore, di avvisare i presenti che il noto sessuologo americano, Alfred Kinsey, era a favore di pedofilia, pederastia e (perché no?) zoofilia. Gossip d'antan spacciato per informazione.

E' più di un anno che a Cordenons si discute sull'opportunità di svolgere, nelle classi terze della locale scuola media, un programma di contrasto al bullismo omofobico attivo in regione fin dal 2009 (quando il “gender” non aveva ancora conquistato il favore dei cronisti). Organizzare incontri serali allo scopo di informare dei genitori ormai terrorizzati dal florilegio di nefandezze che leggono e ascoltano sulla sorte riservata ai loro figlioli e all'umanità tutta è senz'altro lodevole. Costruire la scaletta della serata come fosse la sceneggiatura di un film horror, però, pare poco onesto. Perché delle due ore e mezza destinate a illustrare una teoria alla cui esistenza si è chiamati a credere come se fosse un dogma di fede, soltanto l'ultimo quarto d'ora è stato frettolosamente dedicato al progetto ormai noto come “A scuola per conoscerci”. La parte preponderante del tempo si è impiegata per tentare di dare un costrutto unitario alle proprie paure. La tesi, non dimostrata, di questo come di altri incontri, è che il progetto di prevenzione del bullismo omofobico voglia subdolamente plasmare le menti dei giovani, corrompendone la virtù. Come? Informandoli, per esempio, che nella vita vera esistono persone affette da disforia di genere (transessuali) e famiglie omogenitoriali (coppie formate da persone omosessuali con figli, ad esempio provenienti da precedenti relazioni affettive). Situazioni reali, esistenti nella società, ma di cui non si deve parlare. Argomenti difficili da trattare per molti genitori, temi che non si è preparati ad affrontare e con i quali tuttavia si può immaginare che i nativi digitali, così abili nella navigazione telematica, si confrontino comunque. Non è forse opportuno che i pregiudizi e gli stereotipi sull'omosessualità, così diffusi che risultano spesso inconsapevolmente assimilati, vengano affrontati in aula da “addetti al mestiere” (come può essere uno psicologo), con sensibilità e terminologia adeguate? Pare del tutto irrazionale, immotivata e frutto d'isteria la sfiducia nelle capacità educative della scuola pubblica e l'ostilità che viene riversata sui suoi operatori, vittime quotidiane di fanatismi e crociate ideologiche. E' grave la responsabilità di chi getta costante discredito su insegnanti e dirigenti scolastici, passivi esecutori, nel migliore dei casi, complici, se non addirittura artefici (secondo le tesi neoguelfe) di una perversa strategia manipolatoria.

La scuola è luogo di inclusione, in cui non devono esistere differenze. In questo solco, sempre presso la scuola media Leonardo da Vinci, si svolgeranno prossimamente un paio di incontri destinati alle classi terze in cui si affronterà il tema delle diversità. E' diverso il migrante che arriva da Paesi lontani, parla una lingua che non è la nostra, crede a un Dio che ha un nome diverso dal nostro, si nutre in maniera diversa da noi. Del diverso si ha paura, lo si guarda con diffidenza perché non lo si conosce. Qualcuno lo offende, lo tiene a distanza, lo emargina. Succede anche con le persone che hanno partner dello stesso sesso. Sensibilità, affetti e sentimenti che non si conoscono e di cui si ha paura. Quando a scuola si vogliono portare le testimonianze della Shoah si cerca di invitare uno dei superstiti, un ex deportato che ha vissuto in prima persona la tragedia dell'Olocausto. Se si parla di partigiani, magari si cercherà un ex combattente. Pierluigi Di Piazza si occupa di immigrazione da alcuni anni con il Centro di accoglienza Ernesto Balducci. Giacomo Deperu ha un'adeguata esperienza nel contrastare la discriminazione delle persone omosessuali. In coda alla serata del 28 di ottobre non si è mancato di instillare dubbi e sospetti anche su questa iniziativa, sbrigativamente gettata nel calderone del “gender”. Fatevi consegnare il progetto e i materiali didattici che saranno utilizzati, venivano ammoniti i genitori. E se qualcosa non vi convince, tenete i figli a casa da scuola. Il giorno successivo era in programma nell'auditorium della scuola media un incontro aperto al pubblico per illustrare l'iniziativa. Considerate le premesse, non c'è da meravigliarsi che, a tutela dell'ordinato svolgimento della serata, fossero presenti due carabinieri. Preside e insegnanti, preventivamente condannati con giudizio sommario, sono stati chiamati a dar conto della scelta dei relatori. Perché quei due? Ah, la scuola collabora anche con i Lions? E chi sono questi Lions? Cosa si nasconde dietro ai finanziamenti che ricevete? Ah, la scuola è laica? Quindi anticlericale! Ah, no? L'università La Sapienza ha chiuso le porte perfino al Papa! Per fortuna, la maggior parte dei presenti ha compreso e condiviso le finalità del progetto ma, soprattutto, ha rinnovato la propria fiducia nei confronti degli educatori che con dedizione e professionalità forniscono ogni giorno ai loro figlioli gli strumenti per comprendere un mondo tanto confuso. Lasciare che novelli Torquemada di periferia incitino la folla a dar l'assalto ai forni può avere esiti indesiderati. Per evitare scivoloni sarebbe preferibile esercitare un po' più di continenza, convincendosi che non è la scuola pubblica luogo di perdizione incline a traviar giovinetti.

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