(dove il viaggio non segue soltanto un itinerario terrestre
e le note vengono aggiornate di quando in quando)

lunedì 30 marzo 2015

London 15 – Part 2

Greenwich e il Cutty Sark - Il fascino della vela.

Mentre sto scrivendo, mi accorgo di essermi appena perso un rituale che si ripete dal 1833. Sono da poco passate le 13 e la sfera rossa posta sulla sommità del Royal Observatory è già calata a segnare l'ora esatta. Di solito si marca il mezzodì, ma gli inglesi preferiscono distinguersi anche in questo. In un libretto di curiosità che ho acquistato da Harrods per la verità si spiega che vi è una ragione molto pratica che ha portato a preferire il tocco: a mezzogiorno gli astronomi di Greenwich avevano altro da fare, impegnati com'erano nelle loro osservazioni celesti. Il Cutty Sark è un clipper, un veloce veliero dallo scafo affilato, che trovò impiego principalmente sulle rotte del tè che portavano in Cina. Non disdegnava tuttavia di caricare balle di lana merinos importate dall'Australia. Dopo un'onorata carriera finì esposto alla curiosità dei visitatori già negli anni '50 del secolo scorso. Nel 2012, dopo un accurato restauro seguito all'incendio del 2007, la regina Elisabetta lo ha riaperto al pubblico per la seconda volta. Il veliero si trova sollevato a 3 metri da terra grazie a numerose putrelle d'acciaio che ne sostengono il peso, ed è quindi possibile ammirarne lo scafo da un insolito punto di vista, mentre si prende un caffè seduti ai tavolini dell'Even Keen Cafe. Proprio come sto facendo io. Si entra nella stiva attraverso un'apertura ricavata nel fianco, che mostra il fasciame costituito ancora per il 90% dai legni originali. Si sale in coperta a esplorare gli angusti alloggi dell'equipaggio e il lussuoso quadrato ufficiali, con un piccolo salone dotato di caminetto e toilette. Sartie, caviglie, secchi di legno, proprio come in un fumetto d'altri tempi. Le vele non sono spiegate, ma l'alberatura trasmette una sensazione di imponente maestosità. Il veliero è meta di scolaresche entusiaste, molto più disciplinate ordinate e composte di qualunque liceale nostrano. Ragazzini di scuola elementare, in un caleidoscopio di tinte, ciascuno con la sua piccola uniforme completa di cravatta, seguono con attenzione il racconto della guida e si spostano in silenzio con indosso i gilet catarifrangenti. Degni eredi dell'impero che fu. Tutto l'orgoglio britannico per le tradizioni marinare è ben percepibile al National Maritime Museum, che celebra i fasti della Royal Navy dalle origini ai giorni nostri e la vocazione mercantile che ha trovato per lungo tempo nel mare la via di comunicazione più rapida per raggiungere i mercati delle fibre e delle spezie. Un intero piano del museo è dedicato al viceammiraglio Nelson, per il quale si intuisce che qui nutrono una certa venerazione (vedi Trafalgar Square). Ritrovo anche qui, come sotto la pancia del clipper, una collezione di coloratissime polene. Sul retro si estendono i 74 ettari di parco, nel quale si trova l'osservatorio astronomico e il meridiano zero, la linea che suddivide idealmente la Terra in due metà. L'origine del tempo. Qualche negoziante spiritoso ha intitolato il proprio esercizio posto a un angolo di strada poco distante dal parco “The first shop in the world” (con riferimento alla longitudine del locale, supposto che i clienti si spostino verso est partendo dal meridiano zero).

Il fascino della memoria.

L'Imperial War Museum non delude le aspettative che il suo altisonante appellativo promette. Nell'atrio centrale stanno appesi un paio di aerei da caccia originali. Tali e quali, come ce li ha consegnati la storia. Ma all'interno ci sono camionette, barche, anfibi, le autoblindo utilizzate in Irlanda del Nord. Il sito è dedicato alle due guerre mondiali e vi si scoprono interessanti particolari. Ad esempio, che, quando Lord Kitchener, il comandante delle forze armate al tempo della Prima Guerra, sollecita i propri compatrioti ad arruolarsi volontariamente per la difesa della Nazione, la risposta è travolgente e immediata. Your Country needs you! Ammoniva da dietro i suoi baffoni, puntando il dito. Grande esempio di marketing ante litteram. E la faccenda della piuma bianca, che io credevo fosse un'invenzione cinematografica, invece è proprio vera. Per testimoniare il patriottismo che da sempre ha unito il popolo britannico, sono esposte delle lettere anonime, inviate ad alcuni obiettori di coscienza che avevano manifestato la loro contrarietà al conflitto. I biglietti erano accompagnati dalla piuma bianca della codardia. Le famiglie che avevano un congiunto al fronte, invece, potevano esporre alle finestre un contrassegno che testimoniava il loro impegno per la nazione e per la monarchia, mettendo così in imbarazzo i vicini che non potevano fregiarsi di quell'onorevole simbolo. La sezione sull'Olocausto è organizzata molto bene, con videotestimonianze di alcuni sopravvissuti che accompagnano l'intero percorso attraverso le numerose sale. Rimarchevole l'attenzione che viene dedicata alle stragi compiute nell'europa orientale e baltica, dove la presenza ebraica era significativa e l'ostilità delle popolazioni locali nei confronti dei giudei aspra. Di queste vicende ho appreso soltanto leggendo il bel libro di Gad Lerner, Scintille, in cui il popolare giornalista, nella propria personale ricerca delle radici familiari, approda in quei luoghi, dove sorgevano numerosi shtetl ormai rimasti soltanto un ricordo.

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