Mahatma arriva dal Brasile e suona una Scandalli di design, con tutti i tasti neri. Dimostra grande abilità nel tremolo, suscitando occhiate di ammirazione da parte dell'organettista di Sapri seduto con lui sul divano dell'acquario, al Club 54. Di fianco a me siede una canuta legionaria di Cristo impegnata a magnificare le bellezze della Puglia e la superiorità culturale delle genti del Sud. Il suo malcapitato interlocutore è un artista brasiliano, anche lui qui per il Festival. Viene erudito sulle origini del “Tu scendi dalle stelle” e omaggiato con dimolte immagini sacre da taschino, adatte per ogni occasione. La premurosa missionaria si informa sulla situazione sentimentale del giovane, suggerendogli l'orazione più appropriata da recitarsi quando la di lui fidanzata rimarrà incinta. Per pranzo vado a trovare la bionda del pub O'Brian, che mi dà il bentornato. E' gratificante essere riconosciuti quando ci si fa rivedere in un posto. “Se c'è una cosa che non amiamo fare è travestirci ed essere superbi, mostrarci per quello che non siamo”, scrive Angelo Ferracuti nel suo delizioso libretto. In questi paesi aggrappati ai colli tra cielo e mare ci si dà del tu anche fra sconosciuti, vince la semplicità. Quando ancora mi trovavo sulla piazza di Fermo, qualche sera fa, all'improvviso si udì arrivare da corso Cefalonia una pattuglia di adolescenti, che in sella ai loro scooter passavano a tutto gas proprio davanti al comando dei vigili urbani, sotto lo sguardo severo di Sisto V e fra lo sbalordimento di quanti si trovavano lì (si tratta di una zona interdetta al traffico). Sfortunatamente per loro, fra gli astanti sostava un'altra pattuglia che, riavutasi dalla sorpresa, con un paio di fischi perentori mette fine alla loro giocosa cavalcata. “Che nun se po passa' di qui sotto?”, chiede ingenuamente uno dei tre scavezzacolli, con la faccia pienotta da teen-ager sovrappeso. “No”, replica materna una poliziotta, scuotendo ripetutamente il capo. “Ma nemmeno di là”, aggiunge indicando la via da cui i tre sono sbucati. Una contravvenzione non gliela leva nessuno, e a casa poi si consumerà un'altra resa dei conti...
“Quest'anno il dopofestival si fa da noi”, mi informa la bionda del pub. Sì, ma si inizia a mezzanotte e io sono in piedi fin dal primo mattino per approfittare di tutte le occasioni che offre il ricco programma del Festival. Temo che dovrò rinunciare alle notti brave. Non ho più l'età. Al termine del pranzo, la bionda mi annuncia allegramente che mi regala il cappellino del pub. “Di che colore lo vuoi?” Lo scelgo verde e lo indosso subito. Anche qui il palazzo municipale ha il suo Salone degli stemmi, dove si svolgono le sedute consiliari. Durante il Festival si fa musica, e stasera si esibisce prima la fisorchestra della civica scuola di musica, che ci offre brani tratti dal Meraviglioso mondo di Amelie e un omaggio a Nino Rota, con una selezione di musiche da film; poi è la volta degli allievi del conservatorio di Praga e del loro maestro, che dànno ottima prova nel repertorio classico. Si va da Bach a Rachmaninov, passando per Vivaldi e Scarlatti. Finalmente vedo eseguita la Italian Polka del celebre compositore russo. Ho sempre avuto il dubbio che fosse un pezzo per due fisarmoniche, tenuto conto della complessità che si intuisce ascoltandola. Il giovane virtuoso ceco che la interpreta mi dimostra che non è così.
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