
Una parte significativa del bagaglio di ogni viaggiatore è costituito da quelli che i Romani chiamavano impedimenta, ossia tutte quelle cose non strettamente utili e necessarie, ma cariche di significati legati al nostro vissuto (un libro che non ci si deciderà mai a leggere, un dono destinato a non si sa chi, un portafortuna)… Così recita un pannello della minimostra “L’uomo con la valigia – Piccola storia del bagaglio”, allestita nel Borgo Medievale del Valentino. Breve sosta nella bottega del fabbro, anche lui in attesa di miniscolaresca alla quale dimostrare la sua abilità fabbrile nella forgiatura di armi bianche. Faccio notare che anche dalle mie parti ci sanno fare con forbici, coltelli e scimitarre. E il mastro forgiatore mi risponde che sì, in effetti, lo spadone che vedo riposare sul tavolo da lavoro arriva da Maniago, celebre manifattura Del Tin (“il migliore”, dice lui, perché io non osavo). Quant’è piccolo il mondo. E quanto sono ramificati i link nel mondo reale… Impossibile visitare la Rocca, causa centurie di bimbi in travolgente gita scolastica. Così decido di prendere il battello che, risalendo lento il Po, mi conduce ai Murazzi. Da lì, col tram fino a Palazzo Madama e poi di nuovo il 4 fino alla casbah di Porta Palazzo, dove mi immergo nelle bancarelle di abbigliamento e calzature Made in China, risolvendomi all’acquisto di un piccolo zaino che mi sarà utile nella fase di rientro. Dopo un veloce pasto passo al vicino MAO, in via S. Domenico. Il Museo di Arte Orientale si presenta fin dall’ingresso come un raffinato contenitore di preziosi oggetti. Statue, statuette e manufatti in basalto, bronzo e arenaria, legno scolpito e laccato, dorato, intarsiato. Paraventi decorati, dipinti e armature da samurai. Le copertine dei libri tibetani, in legno intagliato, dorato e istoriato si portano dietro un’aura di rarefatta santità. Il pezzo più… controverso è un abito cerimoniale, una sorta di grembiule rituale, fatto in… ossa umane! Cesellate, rifinite e lucidate in piccole perline da infilare. Si prosegue poi con la visita guidata al Teatro Regio, in piazza Castello, che in 90’ ci porta attraverso le più recondite viscere del poderoso apparato. Retropalco, sottopalco, sartoria, sale prove, attraverso un’intricata rete di cunicoli. Il colpo d’occhio sulla platea deserta, illuminata a giorno e rilucente dei riflessi rossi di poltroncine e pavimento, lascia semplicemente storditi. Mille e seicento posti a sedere, con una visibilità del palco ottima da ogni posizione. Stupendo.
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