Martedì, 24 aprile – Prologo.
Fino a che punto i mercati abuseranno della nostra pazienza?
La mia giornata di viaggio in direzione di Perugia si apre con un editoriale del Messaggero Veneto e la prevista pioggia scrosciante. Le borse pare non abbiano gradito i risultati elettorali che si prefigurano in Francia. Segno che il sistema è davvero malato. Chissà se riusciremo a trovare la giusta medicina... Primo cambio treno a Mestre. Mi avventuro nella sala d'attesa maleodorante, trasformata in ospizio diurno per una umanità dolente e derelitta, dove i viaggiatori di passaggio sono davvero pochi. A Firenze invece la sala d'attesa non c'è. S'intravedono scintillanti salette per i viaggiatori del club freccia rossa, una casa-Italo, che suppongo destinata ai clienti del nuovissimo carrier ferroviario, numerosi lavori in corso. Ai passeggeri in attesa è destinato un atrio dove s'incrociano le correnti d'aria che arrivano dalla strada, con seggiole fredde d'acciaio e un assedio di piccioni sfrontati, che rubano le briciole cadute a terra, dribblando impavidi le gambe dei viaggiatori in pausa-pranzo non mancando di sfiorarli con i loro voli radenti. E pensare che questa città è una delle perle del Belpaese... Melting-pot. Di fronte a me: una coppia di mezz'età, lui con britannica flemma sfoglia una copia dell'Herald Tribune; gli siede a fianco un uomo che porta negli occhi i segni del suo spaesamento: potrebbe essere un minatore rumeno o un contadino serbo; lo raggiunge un connazionale che gli passa un paio di manciate di mozziconi di sigarette estratte con circospezione dalle tasche del cappotto. Segue coppia di turisti iberici con baedecker alla mano, signora islamica con velo bianco e cappottone lungo fino ai piedi. A fianco a me coppia di giovani francesi-bene, lei con borsa targata Dior; da dietro si riconoscono accenti siculi; immancabili giapponesi che scorrazzano con i loro trolley. Sull'argentea freccia che mi ha appena scaricato a Santa Maria Novella sedevano a fianco a me due giovani circasse, mentre più avanti stava un gruppo di più mature lusitane dal cicaleccio sfacciato. Il regionale per Foligno mi riporta in Patria. Arrivo puntuale a Perugia, riuscendo anche a mancare l'appuntamento con il previsto acquazzone che avrebbe dovuto rovinarmi il viaggio. Salgo al solito B&B, dove la Gianna, felice di rivedermi, si rivela ancora una volta incontenibile, elencandomi le temperature previste per i prossimi giorni, i costi della bolletta del gas, gli ospiti in arrivo e in partenza e quelli affezionati che tornano sempre a trovarla, i lavori appena eseguiti in casa e quelli in corso al piano di sopra, l'invivibilità della Capitale, che non è più quella della dolcevita, il cattivo gusto dei turisti yankee che non apprezzano i mobili antichi e le visite del gatto dei vicini. In compenso, mi assegna una stanza che ancora non avevo visto, quasi una suite, e senza rendersene conto mi fa un prezzo di favore per il mio ennesimo soggiorno. Chiedo a Gianna per l'ennesima volta la password per accedere al wi-fi, malgrado le volte scorse non fossi riuscito ad usufruirne, e scopro finalmente l'inghippo tecnologico. Il mio Aspirone d'Ubuntu vestito reclama un'ulteriore parolina magica, apparentemente necessaria a gestire lo scrigno dei segreti e delle parole d'ordine: con un po' di fantasia riesco ad accontentarlo e finalmente ho accesso al meraviglioso mondo della Rete senza bisogno di fare la questua al solito internet point. Ero convinto che il martedì fosse il turno di chiusura del mio locale favorito e avevo già pianificato un possibile ripiego. Per curiosità, però, dopo essermi fatto una doccia mi sono spinto a verificare e quando ho scorto l'insegna illuminata della Lanterna sono stato piacevolmente smentito: il ripiego è rimandato a domani. Solito tavolo, solito, discreto, cameriere marocchino, solita insalata con le scaglie di grana e il tartufo nero e una fumante zuppa di farro e porcini, che vista la giornata e le temperature, è proprio quel che ci vuole per concludere in bellezza.
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